1. Cos’è il PNRR e cosa c’entra con la scuola?
R. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un progetto europeo di riforme che riguardano tutti gli ambiti dello Stato, lanciato successivamente alla pandemia per cercare di aiutare le economie dei vari paesi europei a “riprendersi”. Al suo interno è previsto un capitolo sulla scuola: il Piano Scuola 4.0, che si configura come una prosecuzione e approfondimento del precedente PNSD, ossia il Piano Nazionale Scuola Digitale (quello che ha portato una LIM in ogni aula e connessioni a 100 Mbps in ogni scuola a spese dello Stato).
2. Come funziona il PNRR?
R. Lega ingenti finanziamenti a precise riforme da effettuarsi in tempi rapidissimi e –di conseguenza– senza un vero dibattito democratico. La sua ispirazione è "efficientista", le conseguenze rischiano di essere un massivo trasferimento di fondi pubblici verso il privato.
3. Cosa dovevamo decidere entro il 28 Febbraio?
R. Ogni scuola ha ricevuto un budget su una o più delle linee di finanziamento previste dal Piano Scuola: Antidispersione, Next Generation Classroom e Next Generation Labs. Inizialmente si pensava che entro il 28 Febbraio bisognasse caricare sulla piattaforma del MIM una descrizione di massima dei progetti che si intendono realizzare per ciascuna delle linee di finanziamento, con la relativa ripartizione dei fondi, come spiegato nella sintesi delle linee guida che potete trovare qui: https://pnrr.istruzione.it/wp-content/uploads/2022/12/Slide_sintesi_Istruzioni_Operative_Scuola_4.0.pdf. Si è poi scoperto che era possibile aderire semplicemente indicando il titolo dei progetti o poco più e rimandare a dopo il resto.
4. Perché è importante agire ora?
R. Per mantenere aperto lo scenario. Quello che è importante ottenere da qui al 28 Febbraio è che la descrizione dei progetti sia più aperta possibile. Se riuscirete a far scrivere qualcosa del genere: “La scuola, in accordo ai risparmi che si realizzerano con le operazioni di messa a bando, intende realizzare uno o più dei seguenti progetti: A – Assurdità 1 (es. visori per la realtà aumentata per tutti) B – Assurdità 2 (es. un computer fisso per ogni banco in ogni classe) C – Progetto sensato“ resterà possibile attuare anche il “Progetto sensato”. In caso contrario potrebbe diventare davvero complicato (a seconda del Dirigente) modificare la linea d’azione intrapresa.
5. Ma la mia scuola ha già approvato i progetti Assurdità 1 e 2. È troppo tardi!
R. Non è vero. Aver approvato i progetti non implica né l’obbligo di realizzarli, né il divieto di realizzare altro. Ovviamente bisogna che la descrizione che verrà caricata entro il 28 Febbraio sia “aperta” (come descritto nella FAQ n.4) e che, successivamente al 28 Febbraio, il CD approvi l’eventuale “Progetto sensato” prima di scriverne il bando e andare a cercare chi lo realizzerà.
6. Il dirigente può decidere in autonomia e senza consultare Collegio Docenti e Consiglio d’Istituto?
R. No. Le decisioni devono essere collegiali. E se implicano limitazioni alla libertà d’insegnamento (come, ad esempio, obbligo di utilizzare i device digitali per un tot di ore all’interno della giornata) dev’essere coinvolto il Consiglio d’Istituto con le rappresentanze di studenti e genitori.
7. Il dirigente può nominare una commissione di lavoro sul PNRR senza parlarne con il Collegio Docenti?
R. Questo è più disputabile. Certamente non è un comportamento che possa favorire le relazioni sindacali. In ogni caso il lavoro della commissione, che pure è organo del CD, deve poi passare per l’approvazione del CD.
8. Perché c’è il rischio che questa azione del PNRR si trasformi in un gigantesco trasferimento di fondi dal pubblico al privato?
R. Perché le linee guida dicono che dobbiamo spendere come minimo il 60% dei fondi per l’acquisto di hardware e software. A questo si aggiungono tempi troppo stretti per fare le cose per bene senza mettersi in croce, per cui molti dirigenti si stanno affidando a privati esterni per conservare la propria sanità fisica e mentale.
9. Ma il lavoro di progettazione delle Commissioni per il PNRR che stanno scrivendo i progetti entro il 28 Febbraio sarà pagato?
R. No. Si partecipa pro-bono. Non c’è nessuna assicurazione che le persone che hanno “progettato” siano anche poi nominati collaudatori o redattori dei bandi. Ovviamente nessuno però sarà felice di candidarsi a realizzare un progetto scritto da qualcun altro, a meno che sia talmente generico da permettere emendamenti sostanziali (riscrittura).
10. Ma questa cosa riguarda solo i docenti o anche i ragazzi e le famiglie?
R. A nostro modo di vedere riguarda tutti i “portatori di interessi” (stakeholders, nella neo-lingua ministeriale) del mondo della scuola. Per questo, laddove i progetti siano davvero “rivoluzionari” è importante che le RSU chiedano il coinvolgimento del Consiglio d’Istituto.
11. Il mio dirigente ha deciso di dare tutto in mano a un ente o ditta esterna che comprerà licenze software per decine o centinaia di migliaia di euro. Il CD ha approvato senza battere ciglio. Che fare?
R. Oltre alle limitazioni date dal governo democratico della scuola ci sono quelle date dal CAD (Codice Amministrazione Digitale). Il CAD impone (pena sanzioni di cui il dirigente risponde in solido dal suo stipendio) che le PA acquisiscano unicamente software libero a meno di non fornire una dettagliata valutazione comparativa che dimostri l’inesistenza di un software libero adatto a svolgere un certo compito oppure la netta superiorità di quello proprietario, al punto da rendere impossibile la realizzazione del progetto con quello libero. Se un dirigente non la rispetta lo si può diffidare e –nel caso non desista– segnalare alla autorità per l’erogazione delle dovute sanzioni, anche per danno erariale.
12. Il mio dirigente ha deciso di dare tutto in mano a un ente o ditta esterna che ha progettato di costruire tutto attorno a Google Suite for Education o altri servizi simili di Microsoft o Amazon. Il CD ha approvato senza battere ciglio. Che fare?
R. Oltre alle limitazioni date dal governo democratico della scuola ci sono quelle date dal GDPR (Regolamento Generale per la Protezione dei Dati). Il Garante italiano per la privacy si è recentemente espresso sull’ obbligo di dotarsi di DPIA e TIA (Data Processing Impact Assessment e Transfer Impact Assessment) quando si acquisiscono tali servizi: https://peertube.opencloud.lu/w/us2Ak7PTP9SL79T54NzfGH?start=53s Dato che la stragrande maggioranza dei dirigenti non se ne sono dotati, e lo hanno dichiarato pubblicamente qui (ci sono tutte le scuole, potete cercare la vostra): https://foia.monitora-pa.it/ oppure hanno taciuto violando apertamente la legge sulla trasparenza degli atti legislativi, sono tutti a rischio sanzioni nel momento in cui vengono segnalati. E in questa faccenda si potrebbero e dovrebbero coinvolgere anche allievi e famiglie, visto che i diritti che vengono violati sono anche i loro, oltre ai nostri. Se un dirigente dovesse “tirare dritto” lo si può diffidare e –in ultima analisi– segnalare alla autorità per l’erogazione delle dovute sanzioni, anche per danno erariale.
13. Ma le nostre scuole usano già Google per la posta. Se dobbiamo cambiare dall’oggi al domani vuol dire restare senza servizi per chissà quanto tempo!
R. La stragrande maggioranza delle scuole utilizza i servizi di Google Suite (Mail, Classroom, Drive), ma –al contempo– ha messo in funzione almeno un Moodle. Basterebbe cominciare a usare quello Moodle è una piattaforma libera che svolge, molto meglio di Classroom, il lavoro di Google Classroom.
14. I colleghi non hanno voglia di imparare ad usare una nuova piattaforma, e molto meno ne hanno i ragazzi. Perché mai dovremmo accollarci una tale fatica?
R. Perché Google e Facebook, stanno investendo delle cifre pantagrueliche per costruire una macchina per l’adaptive learning (AL). L’AL è l’applicazione di quella che loro chiamano IA (Intelligenza Artificiale) all’apprendimento. Questo progetto parte dall’idea che esista una conoscenza “giusta” e una “sbagliata”, che l’apprendimento sia un fatto privato e che la competizione sia la maniera migliore per raggiungerla. Fedele a questi principi l’AL di Google utilizzerà i dati raccolti con la nostra quiescenza per costruire profili degli allievi a cui somministrare in automatico materiali e verifiche a crocette, cancellando gradualmente quel poco che resta della funzione docente a favore di uno “scuolificio” gestito dalle macchine. Se vi sembra un’ipotesi fantascientifica, provate a visitare http://www.openai.com e fare un test con ChatGPT, chiedendo alla macchina di insegnarvi, per esempio, a programmare. Il risultato potrebbe spaventarvi, ma allo stesso vi renderà più coscienti sullo “stato dell’arte”.
15. Ma noi non abbiamo le competenze per progettare degli interventi così connotati dall’informatica. Non è meglio lasciare fare gli esperti?
R. Lasciare fare gli esperti è generalmente una pessima idea per la democrazia. Basta leggere "La Repubblica" di Platone per capire i rischi di lasciare la kybernetes techné (arte di governare) in mano agli esperti. Gli esperti dovrebbero essere aiutati a estinguersi, a favore di una partecipazione diffusa e capillare al design delle nuove tecnologie. Questo però richiede un tempo che ora non abbiamo. Nell’immediato, però, possiamo prendere varie esperienze e progetti che sono stati sviluppati da altre comunità scolastiche e cercare di riprodurli adattandoli alla nostra realtà.